Gruppo di Ricerca Radiologia – MED/36 Diagnostica per immagini e radioterapia – MED/37 Neuroradiologia |
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Giovagnoni Andrea
Professore Ordinario
a.giovagnoni@univpm.it
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Polonara Gabriele
Professore Associato
g.polonara@univpm.it
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Agostini Andrea
Ricercatore
a.agostini@univpm.it
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Collaboratori |
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Puca Emanuele
emanuele.puca7@gmail.com
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Agliata Giacomo
agliata.g@gmail.com
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Schicchi Nicolò
Dirigente medico
schicchi.n@alice.it
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Linee di Ricerca |
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VALUTAZIONE DEL RISCHIO DELLA NEFROTOSSICITÀ CONSEGUENTE ALLA SOMMINISTRAZIONE ENDOVENOSA DI MEZZI DI CONTRASTO IODATI NON-IONICI Presupposti scientifici e razionale dello studio. La somministrazione di mezzi di contrasto iodati (MCI) causa raramente la comparsa di gravi effetti indesiderati (ADR) il più temibile dei quali è la nefropatia da contrasto (CIN) che si manifesta come una forma di insufficienza renale acuta. La maggioranza delle conoscenze attuali sulla incidenza, i fattori di rischio e l’evoluzione della CIN derivano da studi condotti in pazienti nei quali i MCI erano somministrati per via intrarteriosa per l’esecuzione di esami arteriografici. Poiché spesso tale tipo di esame viene eseguito in soggetti le cui condizioni cliniche sono serie e la cui aspettativa di vita limitata, le conclusioni ottenute dagli studi suddetti non sono immediatamente estrapolabili a pazienti che ricevano i MCI per effettuare esami radiologici che richiedono la somministrazione del contrasto per via endovenosa (iv), che rappresentano la maggioranza degli studi diagnostici con uso di MCI. Malgrado i pochi dati disponibili suggeriscono che il rischio di CIN dopo somministrazione endovenosa, sia significativamente più basso che non nel caso della somministrazione intrarteriosa, nella pratica clinica viene spesso adottato un criterio di grande prudenza estrapolando all’uso endovenoso l’atteggiamento suggerito per la somministrazione intrarteriosa. Ciò comporta che si decida spesso di non effettuare studi con contrasto endovena e di preferirvi esami radiologici più costosi come la risonanza magnetica. Lo studio presente intende colmare questa carenza di informazioni valutando il rischio di CIN ed i fattori che lo condizionano su di un’ampia serie di pazienti che vadano incontro alla somministrazione endovena di MCI. Tipologia di studio. Prospettico di tipo interventistico. Criteri di inclusione/esclusione. Non si applicherà alcun criterio di inclusione/esclusione e tutti i pazienti di età ≥ 13 anni di entrambi i sessi che ricevano MCI per via endovenosa verranno considerati per l’analisi, sempre che abbiano espresso il loro consenso a prendere parte allo studio. Saranno incluse anche le seguenti popolazioni: ragazzi di età compresa tra i 13 e 17 anni; anziani tra i 65 e i 74 anni e con più di 75 anni. Popolazione in studio. Entreranno nello studio tutti i pazienti che abbiano dato il loro consenso informato e che si sottopongano presso il Dipartimento di Radiologia degli “Ospedali Riuniti- Umberto I°, Lancisi, Salesi” di Ancona a qualunque esame radiologico che preveda l’impiego di MDC ev indipendentemente dal tipo di esame effettuato, dalle sue indicazioni o dalla gravità della patologia che ha reso necessario tale esame diagnostico. Protocollo dello studio. Al momento dell’ingresso del paziente nello studio, si raccoglierà su di una scheda dedicata i dati necessari ad identificare retrospettivamente i fattori di rischio per l’eventuale comparsa di CIN. Sarà valutata la funzione renale basale e si calcolerà la GFR basale. Allo scopo di stabilire se il paziente abbia sviluppato una CIN o meno si valuterà la creatininemia 24-72 ore dopo l’effettuazione dell’esame radiologico e si calcolerà la GFR. I pazienti che non abbiano sviluppato CIN usciranno dallo studio a questo stadio mentre quelli che abbiano sviluppato tale complicanza verranno seguiti in follow-up secondo le modalità precisate del progetto fino alla completa normalizzazione della funzionalità renale. Analisi statistica dei dati. I dati anamnestici ed i risultati di tutti gli esami di laboratorio effettuati saranno immessi in un database strutturato.
VALUTAZIONE DEGLI EFFETTI DEI MEZZI DI CONTRASTO (MDC) COMUNEMENTE USATI IN TC SULLO STRESS OSSIDATIVO E NITROSATIVO La presente linea di ricerca vede la collaborazione del gruppo di ricerca della Biochimica Medica (Dott. Arianna Vignini, Dott. Alessia Giulietti, dott. Jacopo Sabbatinelli, Prof. Laura Mazzanti) e il gruppo di ricerca della Radiologia ( Dott. Cristiana Corradetti, Dott. Fabio Salvatori, Dott. Luca Salvolini, Prof. Gian Marco Giuseppetti). Lo stress ossidativo è stato proposto come uno dei più importanti meccanismi nella patogenesi del danno renale acuto indotto dalla somministrazione venosa di agenti di contrasto iodinati. L’obiettivo della presenta ricerca sarà quello di valutare utilizzando markers biochimici di stress ossidativo e nitrosativo l’entità dell’insulto a seguito dell’uso di mezzi di contrasto differenti in pazienti sottoposti a TC, valutandone anche le difese antiossidanti dei pazienti stessi. I dati ottenuti saranno correlati con indagini biochimico-cliniche routinarie, quali la clearence renale ecc.
DIAGNOSI DIFFERENZIALE DEI TUMORI PRIMITIVI CEREBRALI DI ALTO GRADO CON TECNICHE AVANZATE DI RISONANZA MAGNETICA Presupposti scientifici e razionale dello studio. L’incidenza annuale di neoplasie del sistema nervoso centrale (SNC) varia da 10 a 17 su 100.000. Nella metà dei casi si tratta di tumori primitivi e nell’altra metà di lesioni secondarie ovvero metastasi. Le neoplasie primitive del SNC sono costituite da un gruppo complesso ed eterogeneo di tumori; la classificazione più utilizzata è quella proposta dalla World Health Organization, la cui versione più recente è stata pubblicata nel 2007. Ognuno di questi tumori è caratterizzato da un proprio comportamento biologico, una prognosi ed un trattamento specifico. Purtroppo la presentazione clinica dipende principalmente dalla sede di malattia e non dall’istotipo, quindi si hanno quadri clinici sovrapponibili e spesso anche svariate lesioni non neoplastiche si aggiungono alla lista delle diagnosi differenziali. La diagnosi di certezza si basa sull’esame istologico da prelievo bioptico o chirurgico ma tale procedura, invasiva, non è scevra da rischi e non sempre è risolutiva. Un filone importante della ricerca nell’ambito dell’imaging diagnostico è proprio lo studio di metodiche per giungere alla diagnosi incruenta, in particolare per evitare interventi bioptici/chirurgici per le patologie con trattamento elettivo non chirurgico. Tra le neoplasie primitive del SNC, questa problematica riguarda il Linfoma Primitivo Cerebrale PCNSL (Primary Central Nervous System Limphoma) il cui trattamento è elettivamente radio-chemioterapico. Il PCNSL, un tempo considerato raro, ha mostrato un picco di incidenza negli anni 80-90 in relazione all’epidemia di AIDS, ed oggi rappresenta fino al 16% di tutte le neoplasie primitive del SNC ed in particolare è aumentata la sua incidenza nei pazienti immunodepressi non AIDS e nei soggetti immunocompetenti. Inoltre si è visto un incremento delle manifestazioni atipiche all’imaging morfologico creando al radiologo dei seri problemi di diagnosi differenziale soprattutto col glioblastoma. Il glioblastoma è il tumore più frequente in assoluto tra tutti i primitivi del SNC, di grado IV, altamente aggressivo ed infiltrativo, ha una prognosi infausta con mediane di sopravvivenza intorno a 12-18 mesi e meno del 10% dei pazienti che sopravvive oltre i 5 anni. Il suo trattamento prevede la massima resezione chirurgica a scopo di debulking seguito da radio e chemioterapia.La risonanza magnetica, gold standard nello studio delle patologie encefaliche, grazie alle tecniche avanzate, permette oggi di avere a disposizione informazioni biochimiche e funzionali sui tessuti indagati e quindi ha aperto la strada a tutta una serie di studi per giungere alla diagnosi dove non è sufficiente il criterio morfologico. Pertanto in considerazione della disponibilità di queste nuove metodiche e della reale necessità clinica di ottenere una diagnosi differenziale non invasiva tra GBM e PCNSL è nata l’idea di questo studio. Tipologia dello studio. Retrospettivo Criteri di inclusione/esclusione. E’ stata effettuata una valutazione retrospettiva dei dati ottenuti con la perfusione PWI, la diffusione DWI e la spettroscopia HMRS in pazienti con diagnosi istologica certa di PCNSL o di GBM, al fine di trovare dei parametri che ne permettessero la differenziazione. Sono stati esclusi quei pazienti per i quali lo studio di RM effettuato non presentasse tutte e 3 le sequenze suddette (PWI, DWI e spettroscopia). Protocollo dello studio. Nel post-processing per ogni paziente sono state elaborate le mappe colorimetriche di ADC, di rCBV e spettroscopiche e su di esse, dopo valutazione di tutte le sequenze acquisite, sono state posizionate manualmente ma con esatta corrispondenza 6 ROI: ROI1 dove l’ADC è più basso, ROI 2 dove la perfusione è maggiore, ROI3 al centro del core tumorale solido con enhancement contrastografico, ROI4 alla periferia del tumore sul margine della lesione, ROI5 nella porzione perilesionale a non oltre 2 cm circa dal bordo tumorale e ROI6 nel controlato apparentemente sano. I valori di perfusione delle ROI1-5 sono stati normalizzati col valore della ROI6 (rrCBV). I parametri spettroscopici presi in esame sono stati i valori di Cho, Cr, NAA, il rapporto colina su creatina (Cho/Cr), il rapporto colina su N-acetil-Aspartato (Cho/NAA), e i livelli di Lipidi-Lattato (LL) ed anch’essi sono poi stati normalizzati rispetto alla ROI6. Analisi statistica dei dati. E` stata calcolata la media di tutti i parametri presi in considerazione per ogni regione di interesse ed a questi è stato applicato il test T-Student per i dati non appaiati.
RETE STROKE NELLE MARCHE: BILANCIO COSTI/BENEFICI DELL’ATTIVAZIONE DELLA TELEMEDICINA E DELLA NEURORADIOLOGIA INTERVENTISTICA Presupposti scientifici e razionale dello studio. L’ictus rappresenta la prima causa di invalidità e la terza causa di morte nei paesi occidentali. La terapia medica specifica dell’ictus ischemico acuto è la trombolisi farmacologica, effettuata somministrando per via endovenosa l’attivatore tissutale del plasminogeno ottenuto con la tecnica del DNA ricombinante (r-tPA), al dosaggio di 0,9 mg/kg entro 4,5 ore dall’esordio dei sintomi, come chiaramente dimostrato dai risultati del trial ECASS III e da numerosi altri studi randomizzati controllati. La finestra terapeutica così ristretta (4,5 ore) impone l’immediato ricovero del paziente affetto da ictus per poterlo trattare minimizzando in tal il danno neurologico che si instaura dopo pochi minuti dall’inizio dello stroke. Al fine di ridurre al minimo il tempo intercorrente tra la diagnosi e la l’inizio della terapia, in alcuni paesi viene utilizzato il supporto della telemedicina. Nel corso degli ultimi decenni la neuroradiologia interventistica ha conosciuto uno straordinario sviluppo ed ampliamento dei propri ambiti di competenza. Tra le diverse patologie che beneficiano dell’attività neuroradiologica, quelle cerebro-vascolari rappresentano senz’altro il gruppo a maggior impatto epidemiologico e, di conseguenza, con un peso più rilevante sulla spesa sanitaria. L’ictus ischemico cerebrale costituisce da solo la stragrande maggioranza degli accidenti cerebro-vascolari (circa l’80%); in considerazione dei risultati di recenti studi internazionali, il trattamento endovascolare dell’ictus sembra rappresentare una nuova ed efficace strategia in supporto a percorsi diagnostico-terapeutici già ampiamente collaudati (LINEE GUIDA SPREAD 2012). Lo studio presente si propone di valutare retrospettivamente l’impatto epidemiologico dell’ictus ischemico e la risposta terapeutica erogata nella fase acuta; si vuole inoltre calcolare il bilancio costi/benefici dell’introduzione della telemedicina e della centralizzazione dei pazienti eleggibili al trattamento endovascolare nella Clinica di Neuroradiologia di Ancona. Tipologia di studio. Retrospettivo di coorte. Criteri di inclusione/esclusione e popolazione dello studio. Tutti i casi di ictus ischemico fra i ricoveri, in regime ordinario, avvenuti negli ospedali marchigiani nell’anno 2011. Sono stati esclusi tutti i pazienti che non presentavano l’ictus ischemico come diagnosi principale nelle schede di dimissione ospedaliera (SDO) della Regione Marche (codici ICD9 CM 31, 433.1, 434.1, 436). Protocollo dello studio. Abbiamo suddiviso i pazienti in base alla gravità clinica (ictus grave, moderato e lieve) secondo il punteggio attribuito alla scala internazione di valutazione dei pazienti affetti da ictus (NIHSS) (dati dal registro internazionale SITS-ISTR). E’ stata effettuata la stima del costo della spesa sanitaria (DRG) per la fase acuta ed il primo trimestre post-ictus per i 3 livelli di gravità suddetti. Grazie al trattamento trombolitico il 42% dei pazienti migliora significativamente passando da una condizione di ictus grave ad ictus lieve/moderato. Applicando tale percentuale di riduzione alla spesa sanitaria (fase acuta + I trimestre) si ottiene il risparmio previsto nell’ipotesi che tutti i pazienti trattabili abbiano realmente la possibilità di accedere alla terapia. Viene inoltre applicato, con analogo sistema, il risparmio derivante dal trattamento endovascolare. Infine si inseriscono nel bilancio i costi per rendere operativa in tutta la regione tale sistema. Nello specifico le voci di spesa sono rappresentate da: implementazione della telemedicina, incremento delle risorse umane (infermieri, tecnici, medici), materiali e farmaci utilizzati in Neuroradiologia interventistica.
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RUOLO DELL’IMAGING QUANTITATIVO NELLE RESEZIONI EPATICHE MAGGIORI
Presupposti scientifici e razionale dello studio. La Post Hepatectomy Liver Failure (PHLF) è definita come un deterioramento delle funzioni sintetiche e secro-escretive del fegato, insorto dopo intevento di chirurgia epatica. La PHLF si manifesta con differenti gradi di severità clinica, ha un’incidenza variabile dall’1,2% al 32%, con una mortalità fino al 54%. Il rischio di PHLF difatti rende inoperabili pazienti con neoplasie maligne potenzialmente resecabili. Il rischio di insorgenza di PHLF è maggiore in pazienti con funzione epatica compromessa (eventualmente associata ad epatopatia) e con volume epatico residuo (FLR) ridotto. La valutazione della funzionalità epatica è effettuata prevalentemente con test e score di laboratorio (INR, bilirubina, MELD Score, Verde di Indocianina etc.), il gold standard nella diagnosi di epatopatia cronica è il prelievo istologico. Il postprocessing con ricostruzioni 3D delle immagini TC e RM ha mostrato buona accuratezza nel predire il FLR con resezioni virtuali. I dati volumetrici su resezioni virtuali multiple, insieme ai dati funzionali, sono fondamentali alla pianificazione delle resezioni maggiori. In caso di FLR insufficiente possono essere indicate procedure di induzione di ipertrofia al fine di ridurre il rischio di complicanze, ad esempio legatura/embolizzazione portale o ALPPS. In particolare, la ALPPS è una tecnica chirurgica in 2 step che consentirebbe di indurre una rapida ipertrofia del FLR in tempi brevi, limitando il dropout dalla lista chirurgica causa progressione di malattia durante il tempo di rigenerazione del FLR.
Tipologia di studio. Prospettico.
Criteri di inclusione/esclusione. Sono inclusi pazienti con neoplasia del fegato potenzialmente candidabili a resezione maggiore, escludendo pazienti con malattia extraepatica all’esordio. Ulteriori criteri di inclusione/esclusione dipendono dalle strategie terapeutiche pianificate.
Popolazione in studio. Entreranno nello studio tutti i pazienti da candidare a chirurgia epatica maggiore che siano stati valutati presso il Dipartimento di Radiologia e discussi in meeting multidisciplinari con gli Specialisti Radiologi, Gastroenterologi e Chirurghi degli “Ospedali Riuniti” di Ancona a partire da Gennaio 2013.
Protocollo dello studio. Fase preliminare di validazione delle valutazioni volumetriche da immagini radiologiche. I pazienti sono sottoposti ad esame TC o RM con mezzo di contrasto per valutazione dell’estensione di malattia. Dalle immagini si eseguono resezioni virtuali con manual contouring. I dati volumetrici sono integrati con i dati clinici per decidere il tipo di strategia. Le valutazioni quantitative volumetriche sono ripetute dopo procedure di induzione di ipertrofia, in particolare dopo 1° step di ALPPS, e durante il followup dei pazienti. Correlazione con dati di laboratorio, reperti chirurgici, ed outcome clinici. Futura implementazione di metodiche di imaging funzionale.
Analisi statistica dei dati. I dati raccolti e i risultati degli esami effettuati sono immessi in un database strutturato.
MORTE CARDIACA IMPROVVISA NELLO SPORTIVO E ANOMALIE CORONARICHE: VALORE DELLA CORONARO-TC. ESPERIENZA MONOCENTRICA 2008-2015
Presupposti scientifici e razionale dello studio. Si definisce morte cardiaca improvvisa (Sudden Cardiac Death, SCD) nello sportivo il decesso per cause cardiovascolari, in presenza o meno di preesistenti patologie cardiache, nel soggetto praticante attività fisica amatoriale, dilettantistica o professionistica. Si tratta di un evento raro (l’incidenza, seppur ancora non precisamente stabilita, è stimata in Italia intorno ai 0,7-1 nuovi casi per 100.000 abitanti per anno con poco meno di 100 decessi annui). Si tratta dunque di un evento raro ma dal forte impatto socio-economico e mediatico, in quanto colpisce soggetti pediatrici o giovani, spesso asintomatici o paucisintomatici. Dal punto di vista eziologico diverse sono le cause che determinano il decesso, le più frequenti sono la cardiomiopatia ipertrofica (HCM) e la presenza di anomalie coronariche. In questo secondo caso le alterazioni possono riscontrarsi sia a livello dell’origine che del decorso del vaso. Nello specifico alcuni quadri più frequentemente associati a morte improvvisa sotto sforzo sono stati ampiamente descritti in letteratura e definiti decorsi anomali maligni. Alcune osservazioni cliniche sembrano osservare però che alterazioni meno evidenti, in particolare a carico dell’origine (take off) del vaso e al suo decorso (myocardial bridging, fistole) potrebbero essere alla base di SCD nello sportivo fino ad oggi misconosciute o dubbie. La Cardio-TC permette un valido studio non invasivo del cuore grazie all’acquisizione volumetrica TC a strato sottile della regione inferiore del torace durante una singola apnea inspiratoria. La sua elevata intrinseca risoluzione spaziale e la possibilità di effettuare ricostruzioni multiplanari e VR permettono un’analisi anatomica coronarica (origine, decorso, parete, lume vasale, eventuali fistole) e delle strutture cardiache estremamente accurata e allo stesso tempo panoramica. Il nostro centro è attivo da diversi anni nella valutazione delle alterazioni cardiache e coronariche mediante TC. Lo scopo di questo studio è l’analisi della nostra esperienza in tal senso con particolare focus sulla patologia riscontrata in soggetti sportivi.
Tipologia di studio. Retrospettivo osservazionale.
Criteri di inclusione/esclusione. Non si applicherà alcun criterio di inclusione/esclusione relativo all’età o al sesso e tutti gli esami Coronaro-TC effettuati su soggetti che svolgono attività sportiva amatoriale, dilettantistica o professionistica verranno considerati per l’analisi.
Popolazione in studio. Entreranno nello studio tutti i pazienti che si siano sottoposti a esame Coronaro-TC presso il Dipartimento di Radiologia degli “Ospedali Riuniti- Umberto I°, Lancisi, Salesi” di Ancona nel periodo 2008-2015.
Protocollo dello studio. Valutare la capacità diagnostica della Coronaro-TC nell’evidenziare le anomalie coronariche potenzialmente associate a SCD nello sportivo sulla base della revisione, da parte di cardio-radiologi esperti, degli esami Coronaro-TC effettuati nel periodo di tempo 2008-2015 nel Dipartimento di Radiologia degli “Ospedali Riuniti- Umberto I°, Lancisi, Salesi” di Ancona.
Analisi statistica dei dati. I dati raccolti e i risultati degli esami effettuati saranno immessi in un database strutturato.
Updates in Diagnostica per Immagini
Posters Conferenza Dipartimento DISCO – 17 Giugno 2015 | ||
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